COSA VUOL DIRE RICORDARE I DEFUNTI
L'Eucaristia viene offerta,
secondo la tradizione degli Apostoli, anche per i Defunti in Cristo, non ancora
pienamente purificati. Una conferma significativa è nel testamento di santa
Monica, che – prima di morire – così parla ai suoi due figli: «Questo solo vi
chiedo: che vi ricordiate di me all’altare di Dio, dovunque vi
troverete» (sant'Agostino,Confessioni 9,11).
I Defunti, non sono più in grado di rivolgere personalmente
a Dio questa domanda, per questo noi veniamo in soccorso alla loro debolezza e,
sostituendoci amorevolmente alla loro bocca non più in grado di comunicare, domandiamo
per essi, attraverso la nostra comunione di suffragio, quella
trasformazione che ardentemente attendono.
Che cosa significa ricordarci dei nostri morti all’altare
di Dio, se non ricordarne a Dio i nomi durante la Santa Eucaristia?Infatti, con l’intercessione per i
Defunti altro non si chiede per essi se
non ciò che chiediamo per noi stessi, e cioè che anch’essi siano
trasformati «in un solo corpo», quello
di Gesù Cristo vivente per sempre.
Il sacerdote celebrante pronuncia il nome
durante la Preghiera eucaristica della S.Messa, e nella Preghiera dei Fedeli,
quando è prevista: con
esse si esprime che l’Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la
Chiesa, sia celeste che terrena, e che l’offerta è fatta per essa e per tutti i
suoi membri, vivi e defunti, i quali sono stati chiamati a partecipare alla
redenzione e alla salvezza ottenuta per mezzo del Corpo e del Sangue di Cristo.(cfr
Ordinamento Generale del Messale Romano(=OGMR, III ed., n. 79 g). La
Chiesa offre il Sacrificio Eucaristico della Pasqua di Cristo per i defunti, in
modo che, per la comunione esistente fra tutte le membra di Cristo, gli uni
ricevano un aiuto spirituale e gli altri il conforto della speranza (cfr OGMR
379).
Il sacerdote
menziona più volte il nome del defunto(nelle orazioni di Colletta, Sopra le offerte e dopo la Comunione,
oltre che nella Preghiera Eucaristica ed eventualmente nella Preghiera dei Fedeli)solo
quando celebra la 'Messa per i Defunti':
- alle
Esequie(funerale)che si possono celebrare tutti i giorni, eccetto le
solennità di precetto, il Giovedì della Settimana santa, il Triduo pasquale e
le domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, osservando inoltre tutto quello
che prescrive il diritto canonico(cfr OGMR 380).
- alla notizia
della morte di una persona, o nel giorno della sepoltura definitiva, o nel
trigesimo o nel primo anniversario, se lo consente il calendario
liturgico(cioè nelle ferie del tempo ordinario nelle quali occorrono memorie
facoltative o si fa l’Ufficio della feria, ma anche fra l’ottava di Natale, nei
giorni nei quali occorre una memoria obbligatoria o una feria, che non sia il
Mercoledì delle Ceneri o una feria della Settimana santa) (cfr OGMR 381).
In questi casi si usa il colore viola o
il colore nero (cfr OGMR,346 d).
Durante l'omelia, il sacerdote può fare
riferimento,se ritiene, al defunto e menzionarlo, escludendo però la forma
dell’elogio funebre (cfr OGMR 382).
Non
c'è modo migliore per ricordare e aiutare il defunto, da parte dei fedeli,specie familiari e amici, che confessandosi e
facendo la santa comunione, offrendola per il defunto stesso(cfr OGMR 383).I
nostri cari non desiderano altro che la nostra unione piena con Gesù.
Quanti nomi far dire per
ogni Messa?In ragione
di quanto detto, meglio non più di 2 nomi. L’intenzione per cui si celebra la
Messa è scritta, prima di tutto, nel cuore dell'offerente: è quella che Dio
vede ed esaudisce. Nel caso di molte persone è meglio riunirle insieme, come
“Defunti della famiglia....”, evidenziando così che si intendono affidare al
Signore tutti i famigliari.
Si desidera che non siano detti altri
nomi, oltre ai propri. È possibile? Anche quando vengono unite più intenzioni, per ognuna di esse
viene sempre assicurata la celebrazione di una Santa Messa. Nel caso in cui,
però, si preferisca che non vengano accettate altre intenzioni, lo si deve dire
quando la Messa viene “segnata” sull'agenda, con la nota: “non si aggiungano
altre intenzioni”.
Cosa succede se il sacerdote non dice il
nome?Il valore della
Messa e l'“applicazione” per una determinata intenzione è data dal proposito
che il sacerdote mette nell'offrire il Santo Sacrificio e non dal fatto che
venga detto o meno il nome o l'occasione della celebrazione. Pertanto anche nel
caso in cui si dovesse sbagliare il nome o non fosse detto, la Messa è valida
secondo quanto voluto dal celebrante che, prima di tutto, corrisponde
all'intenzione e alla volontà di chi ha chiesto di celebrare la Messa.
Come fare se non è possibile far celebrare
la Messa nel giorno desiderato?Per Dio non c'è il limite del tempo. In lui tutto è presente. Noi
ricordiamo gli anniversari per “convenzione” ma è sempre possibile e doverosa
una certa elasticità per adattarsi alle situazioni concrete. Pertanto anche
quando non è possibile celebrare la Messa nel giorno preciso della ricorrenza,
ha uguale valore celebrarla in sua prossimità.
Ma quanto costa?La Messa non si “paga”, perché il
sacrificio di Gesù non ha prezzo. È lui che ha “pagato” il nostro riscatto
dalla schiavitù del peccato. A titolo indicativo i Vescovi lasciano alla
sensibilità dei fedeli e alle possibilità di ciascuno la piena libertà di contribuire
alle necessità della Chiesa. Tuttavia, l'offerta indicativa per la celebrazione
di una Messa viene stabilita dal Vescovo diocesano(salvo diversa ed esplicita
indicazione da parte dell'offerente).
Ha senso dire: questa è la mia Messa? Ogni Messa è azione di tutta la Chiesa ed
è a beneficio di tutta la Chiesa, di tutti i fedeli vivi e defunti. Nessuno può
“appropriarsene” in modo esclusivo, anche quando viene detto il nome o il
motivo della celebrazione.
L’ “INTENZIONE” DELLA SANTA MESSA
La parola Missa è il participio passato del verbo latino mittere:
inviare, mandare (missiva=lettera inviata). Che cosa viene inviato? Il santo
Sacrificio di Cristo. Infatti nella preghiera eucaristica del Canone romano si
dice: “Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani
del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo davanti alla tua maestà
divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al
santo mistero del corpo e sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni
grazia e benedizione del Cielo”. Alla fine della Messa, il sacerdote congeda i
fedeli dicendo: Ite, missa est, ossia: Andate, l’offerta di Cristo, vittima
immolata, è stata inviata(missa) nel santuario celeste.
Ogni volta che viene celebrata una Messa, ne derivano tre
benefici: quello generale (per la Chiesa intera), quello particolare o
ministeriale (per l’intenzione del sacerdote come ministro), e quello personale
(per ogni fedele, il sacerdote incluso, che vi partecipa, ciascuno a seconda
della propria disposizione).
L’intenzione per cui il sacerdote accetta un’offerta, non
costituisce la propria intenzione personale ma la sua intenzione come
sacerdote, cioè come ministro del sacrificio.
In ogni Messa si può mettere un’intenzione primaria, per esempio per
i bisogni di una persona vivente, oppure per il suffragio di un defunto, ed una
o più intenzioni secondarie, per esempio, per altri viventi o
defunti. Le può mettere un unico fedele offerente o più fedeli.
La Messa in suffragio per un defunto è una
celebrazione eucaristica durante la quale il sacerdote, tramite preghiere e
indulgenze prega Dio per ottenere da lui la remissione della pena temporale
inflitta a tutti i defunti. L'espressione “Messa in suffragio” viene dal latino suffragium, probabilmente composto dal prefisso sub
e dal termine fragor, cioè “fragore”. In gergo teologico e liturgico
suffragare significa destinare determinati frutti delle messe o di altre
pratiche alla remissione dei peccati delle anime del Purgatorio. Secondo
la Chiesa Cattolica l’usanza di offrire sacrifici in espiazione dei peccati dei
defunti è già nota nell’Antico Testamento, infatti in 2 Maccabei 12:45 si legge
di Giuda, l’eroe fortissimo che fece offrire un sacrificio espiatorio per i morti,
perché fossero assolti dal peccato.
Le anime che non sono completamente pure, di coloro
che pure sono morti nella grazia di Dio, ma conservando in cuore tracce di peccati
veniali (per esempio: egoismo, gelosia, mancanza di amore per il prossimo),
hanno bisogno di essere purificate. Questo stato temporaneo è definito
Purgatorio, che letteralmente significa purificazione, ed è lo stato in cui si
trovano nell'aldilà le anime dei defunti che si sono pentiti dei peccati
commessi e che devono espiarli per diventare degni di entrare in Paradiso. Con
la Messa in suffragio, il sacerdote, i parenti, e la Chiesa tutta, chiedono a
Dio di perdonare quei defunti e di accoglierli prima possibile nel suo regno.
La Messa celebrata dal sacerdote per un defunto, ha più valore di
una Messa che il fedele ascolta e offre in suffragio?
1. Il sacrificio che Cristo ha compiuto sul Calvario in espiazione
dei nostri peccati, per la volontà stessa di Nostro Signore, viene perpetuato
dalla Chiesa nella celebrazione dell’Eucaristia. Egli ha detto infatti: “Fate
questo in memoria di me” (Lc 22,19). Fate è un imperativo, un
comando. Gesù stesso inoltre ha mostrato come si perpetua il suo sacrificio. Lo
ha anticipato nell’ultima cena istituendo il sacramento dell’Eucaristia.
2. È dunque il sacerdote che celebra la Messa. È lui
che offre il sacrificio.
Lo fa agendo col potere divino affidatogli e in diretto collegamento con
Cristo. La Chiesa dice che celebra in persona Christi,
identificandosi con Cristo. I fedeli si uniscono a lui, ma non celebrano la
Messa. Offrono invece il sacrificio di Gesù con le mani e per le
mani del sacerdote. Lo ricorda il Concilio Vaticano II nella
costituzione Sacrosanctum Concilium: “Perciò la Chiesa si
preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori
a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue
preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e
attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo
del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima
senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote,
ma insieme con lui, imparino ad
offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano
perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente
tutto in tutti” (SC 48).
3. Gesù Cristo ha messo nelle mani della Chiesa il suo sacrificio.
Ma più specificamente l’ha messo nelle mani dei sacerdoti, per cui se
non c’è un sacerdote che celebra la Messa il sacrificio non viene
perpetuato sull’altare. Tuttavia
il sacerdote, come ha ricevuto il potere di consacrare, così ha ricevuto anche
il potere di destinare il sacrificio di Cristo per una particolare intenzione.
Anche i fedeli possono destinare il sacrificio di Cristo secondo le loro
particolari intenzioni. Ma il sacerdote lo destina agendo in persona
Christi, identificandosi con Cristo. Per cui, allo stesso modo in cui, quando
il sacerdote pronuncia le parole consacratore, è Cristo che le pronuncia
attraverso le labbra e l’intenzione del sacerdote, così avviene anche per la
destinazione del sacrificio secondo un’intenzione particolare. È la
destinazione particolare che Cristo accetta e fa sua attraverso la mediazione
del sacerdote.