martedì 17 giugno 2025

 

COSA VUOL DIRE RICORDARE I DEFUNTI


L'Eucaristia viene offerta, secondo la tradizione degli Apostoli, anche per i Defunti in Cristo, non ancora pienamente purificati. Una conferma significativa è nel testamento di santa Monica, che – prima di morire – così parla ai suoi due figli: «Questo solo vi chiedo: che vi ricordiate di me all’altare di Dio, dovunque vi troverete» (sant'Agostino,Confessioni 9,11).

I Defunti, non sono più in grado di rivolgere personalmente a Dio questa domanda, per questo noi veniamo in soccorso alla loro debolezza e, sostituendoci amorevolmente alla loro bocca non più in grado di comunicare, domandiamo per essi, attraverso la nostra comunione di suffragio, quella trasformazione che ardentemente attendono.

Che cosa significa ricordarci dei nostri morti all’altare di Dio, se non ricordarne a Dio i nomi durante la Santa Eucaristia?Infatti, con l’intercessione per i Defunti  altro non si chiede per essi se non ciò che chiediamo per noi stessi, e cioè che anch’essi siano trasformati  «in un solo corpo», quello di Gesù Cristo vivente per sempre.

Il sacerdote celebrante pronuncia il nome durante la Preghiera eucaristica della S.Messa, e nella Preghiera dei Fedeli, quando è prevista: con esse si esprime che l’Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa, sia celeste che terrena, e che l’offerta è fatta per essa e per tutti i suoi membri, vivi e defunti, i quali sono stati chiamati a partecipare alla redenzione e alla salvezza ottenuta per mezzo del Corpo e del Sangue di Cristo.(cfr Ordinamento Generale del Messale Romano(=OGMR, III ed., n. 79 g). La Chiesa offre il Sacrificio Eucaristico della Pasqua di Cristo per i defunti, in modo che, per la comunione esistente fra tutte le membra di Cristo, gli uni ricevano un aiuto spirituale e gli altri il conforto della speranza (cfr OGMR 379).

 

Il sacerdote menziona più volte il nome del defunto(nelle orazioni di Colletta, Sopra le offerte e dopo la Comunione, oltre che nella Preghiera Eucaristica ed eventualmente nella Preghiera dei Fedeli)solo quando celebra la 'Messa per i Defunti':

- alle Esequie(funerale)che si possono celebrare tutti i giorni, eccetto le solennità di precetto, il Giovedì della Settimana santa, il Triduo pasquale e le domeniche di Avvento, Quaresima e Pasqua, osservando inoltre tutto quello che prescrive il diritto canonico(cfr OGMR 380).

- alla notizia della morte di una persona, o nel giorno della sepoltura definitiva, o nel trigesimo o nel primo anniversario, se lo consente il calendario liturgico(cioè nelle ferie del tempo ordinario nelle quali occorrono memorie facoltative o si fa l’Ufficio della feria, ma anche fra l’ottava di Natale, nei giorni nei quali occorre una memoria obbligatoria o una feria, che non sia il Mercoledì delle Ceneri o una feria della Settimana santa) (cfr OGMR 381).

        In questi casi si usa il colore viola o il colore nero (cfr OGMR,346 d).

        Durante l'omelia, il sacerdote può fare riferimento,se ritiene, al defunto e menzionarlo, escludendo però la forma dell’elogio funebre (cfr OGMR 382).

 

Non c'è modo migliore per ricordare e aiutare il defunto, da parte dei fedeli,specie familiari e amici, che confessandosi e facendo la santa comunione, offrendola per il defunto stesso(cfr OGMR 383).I nostri cari non desiderano altro che la nostra unione piena con Gesù.

 

Quanti nomi far dire per ogni Messa?In ragione di quanto detto, meglio non più di 2 nomi. L’intenzione per cui si celebra la Messa è scritta, prima di tutto, nel cuore dell'offerente: è quella che Dio vede ed esaudisce. Nel caso di molte persone è meglio riunirle insieme, come “Defunti della famiglia....”, evidenziando così che si intendono affidare al Signore tutti i famigliari.

Si desidera che non siano detti altri nomi, oltre ai propri. È possibile? Anche quando vengono unite più intenzioni, per ognuna di esse viene sempre assicurata la celebrazione di una Santa Messa. Nel caso in cui, però, si preferisca che non vengano accettate altre intenzioni, lo si deve dire quando la Messa viene “segnata” sull'agenda, con la nota: “non si aggiungano altre intenzioni”.

Cosa succede se il sacerdote non dice il nome?Il valore della Messa e l'“applicazione” per una determinata intenzione è data dal proposito che il sacerdote mette nell'offrire il Santo Sacrificio e non dal fatto che venga detto o meno il nome o l'occasione della celebrazione. Pertanto anche nel caso in cui si dovesse sbagliare il nome o non fosse detto, la Messa è valida secondo quanto voluto dal celebrante che, prima di tutto, corrisponde all'intenzione e alla volontà di chi ha chiesto di celebrare la Messa.

Come fare se non è possibile far celebrare la Messa nel giorno desiderato?Per Dio non c'è il limite del tempo. In lui tutto è presente. Noi ricordiamo gli anniversari per “convenzione” ma è sempre possibile e doverosa una certa elasticità per adattarsi alle situazioni concrete. Pertanto anche quando non è possibile celebrare la Messa nel giorno preciso della ricorrenza, ha uguale valore celebrarla in sua prossimità.

Ma quanto costa?La Messa non si “paga”, perché il sacrificio di Gesù non ha prezzo. È lui che ha “pagato” il nostro riscatto dalla schiavitù del peccato. A titolo indicativo i Vescovi lasciano alla sensibilità dei fedeli e alle possibilità di ciascuno la piena libertà di contribuire alle necessità della Chiesa. Tuttavia, l'offerta indicativa per la celebrazione di una Messa viene stabilita dal Vescovo diocesano(salvo diversa ed esplicita indicazione da parte dell'offerente).

Ha senso dire: questa è la mia Messa? Ogni Messa è azione di tutta la Chiesa ed è a beneficio di tutta la Chiesa, di tutti i fedeli vivi e defunti. Nessuno può “appropriarsene” in modo esclusivo, anche quando viene detto il nome o il motivo della celebrazione.

L’ “INTENZIONE” DELLA SANTA MESSA

La parola Missa è il participio passato del verbo latino mittere: inviare, mandare (missiva=lettera inviata). Che cosa viene inviato? Il santo Sacrificio di Cristo. Infatti nella preghiera eucaristica del Canone romano si dice: “Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo davanti alla tua maestà divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del corpo e sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del Cielo”. Alla fine della Messa, il sacerdote congeda i fedeli dicendo: Ite, missa est, ossia: Andate, l’offerta di Cristo, vittima immolata, è stata inviata(missa) nel santuario celeste.

Ogni volta che viene celebrata una Messa, ne derivano tre benefici: quello generale (per la Chiesa intera), quello particolare o ministeriale (per l’intenzione del sacerdote come ministro), e quello personale (per ogni fedele, il sacerdote incluso, che vi partecipa, ciascuno a seconda della propria disposizione).
L’intenzione per cui il sacerdote accetta un’offerta, non costituisce la propria intenzione personale ma la sua intenzione come sacerdote, cioè come ministro del sacrificio.

In ogni Messa si può mettere un’intenzione primaria, per esempio per i bisogni di una persona vivente, oppure per il suffragio di un defunto, ed una o più intenzioni secondarie, per esempio, per altri viventi o defunti. Le può mettere un unico fedele offerente o più fedeli.

La Messa in suffragio per un defunto è una celebrazione eucaristica durante la quale il sacerdote, tramite preghiere e indulgenze prega Dio per ottenere da lui la remissione della pena temporale inflitta a tutti i defunti. L'espressione “Messa in suffragio” viene dal latino suffragium, probabilmente composto dal prefisso sub e dal termine fragor, cioè “fragore”. In gergo teologico e liturgico suffragare significa destinare determinati frutti delle messe o di altre pratiche alla remissione dei peccati delle anime del Purgatorio.  Secondo la Chiesa Cattolica l’usanza di offrire sacrifici in espiazione dei peccati dei defunti è già nota nell’Antico Testamento, infatti in 2 Maccabei 12:45 si legge di Giuda, l’eroe fortissimo che fece offrire un sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.

Le anime che non sono completamente pure, di coloro che pure sono morti nella grazia di Dio, ma conservando in cuore tracce di peccati veniali (per esempio: egoismo, gelosia, mancanza di amore per il prossimo), hanno bisogno di essere purificate. Questo stato temporaneo è definito Purgatorio, che letteralmente significa purificazione, ed è lo stato in cui si trovano nell'aldilà le anime dei defunti che si sono pentiti dei peccati commessi e che devono espiarli per diventare degni di entrare in Paradiso. Con la Messa in suffragio, il sacerdote, i parenti, e la Chiesa tutta, chiedono a Dio di perdonare quei defunti e di accoglierli prima possibile nel suo regno.

La Messa celebrata dal sacerdote per un defunto, ha più valore di una Messa che il fedele ascolta e offre in suffragio?

1. Il sacrificio che Cristo ha compiuto sul Calvario in espiazione dei nostri peccati, per la volontà stessa di Nostro Signore, viene perpetuato dalla Chiesa nella celebrazione dell’Eucaristia. Egli ha detto infatti: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Fate è un imperativo, un comando. Gesù stesso inoltre ha mostrato come si perpetua il suo sacrificio. Lo ha anticipato nell’ultima cena istituendo il sacramento dell’Eucaristia.

2. È dunque il sacerdote che celebra la Messa. È lui che offre il sacrificio.
Lo fa agendo col potere divino affidatogli e in diretto collegamento con Cristo. La Chiesa dice che celebra in persona Christi, identificandosi con Cristo. I fedeli si uniscono a lui, ma non celebrano la Messa. Offrono invece il sacrificio di Gesù con le mani e per le mani del sacerdote. Lo ricorda il Concilio Vaticano II nella costituzione Sacrosanctum Concilium: “Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchianon soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti” (SC 48).

3. Gesù Cristo ha messo nelle mani della Chiesa il suo sacrificio.
Ma più specificamente l’ha messo nelle mani dei sacerdoti, per cui se non c’è un sacerdote che celebra la Messa il sacrificio non viene perpetuato sull’altare. Tuttavia il sacerdote, come ha ricevuto il potere di consacrare, così ha ricevuto anche il potere di destinare il sacrificio di Cristo per una particolare intenzione. Anche i fedeli possono destinare il sacrificio di Cristo secondo le loro particolari intenzioni. Ma il sacerdote lo destina agendo in persona Christi, identificandosi con Cristo. Per cui, allo stesso modo in cui, quando il sacerdote pronuncia le parole consacratore, è Cristo che le pronuncia attraverso le labbra e l’intenzione del sacerdote, così avviene anche per la destinazione del sacrificio secondo un’intenzione particolare. È la destinazione particolare che Cristo accetta e fa sua attraverso la mediazione del sacerdote.